Ci sono tante storie in questa serie di finale per lo scudetto tra Parma e San Marino che inizia questa sera in uno stadio “Europeo” auspicabilmente gremito come ai bei tempi.
Chissà cosa proverà durante l’esecuzione degli inni nazionali il lanciatore parmigiano Francesco Pomponi, che due anni fa era seduto sul seggiolini blu, rigorosamente lungo la linea di foul di terza base a tifare per il Parma, che lo scorso anno ha indossato, purtroppo giocando con poca frequenza, la divisa del Parmaclima e questa sera sarà schierato con la casacca del San Marino, contro i suoi ex compagni, davanti ai suoi genitori, i suoi amici. Non vorremmo essere nei suoi panni e provare quella strana e un po’ antipatica sensazione provocata da questa sorta di battaglia (sportiva) contro la sua comunità, ma anche forse, un po’ contro se stesso e la sua natura di parmigiano vero, fino al midollo.
Saranno comunque pochi, purtroppo, i parmigiani in campo, solo cinque in tutto il roster del Parmaclima (ma non è una critica alla società), segno che nel movimento locale, nonostante tante società che lavorano bene, che portano squadre alle finali nazionali giovanili, qualcosa non funziona più come dovrebbe e magari sarebbe il caso di sedersi tutti attorno ad un tavolo e ragionare insieme su come poter cambiare questa ormai decennale tendenza. E chiaramente se la squadra maggiore vuole puntare a vincere il titolo deve per forza “pescare” anche da fuori provincia elementi promettenti per il futuro, è il caso di Angioi, o fuoriclasse affermati che permettano di fare il salto di qualità, come Liddi o Mineo.
Tra i parmigiani, di nascita e appartenenza, c’è il capitano Stefano Desimoni, all’ultimo valzer della sua ventennale carriera, iniziata il giorno del suo diciassettesimo compleanno, che trova, ironia della sorte, come inizio dell’ultimo atto il giorno del compleanno di suo padre, scomparso ormai due anni fa. E’ alla sua sesta serie finale, due vinte (una con il Parma e una con il Rimini) e tre perse fino ad oggi (due con Parma, una con Rimini), sei come gli scudetti complessivi conquistati dal San Marino, sei come le finali giocate negli ultimi sei anni sempre dal San Marino. Anche a lui e alla sua voglia di chiudere il suo passaggio nel mondo del baseball con un successo prestigioso, si affida un Parmaclima caricato a mille e “arrabbiato” sia per non essere riuscito ad esprimersi secondo i suoi standard di rendimento nelle ultime sfide della serie di semifinale contro il Macerata, che è una sorta di “San Marino 2”, sia, pare, per il categorico rifiuto da parte della società del monte Titano all’ipotesi di posticipo di almeno un giorno del primo incontro di finale.
Bocche cucite, al riguardo, in casa Parma, nessun lamento (“Non cerchiamo alibi” ha categoricamente affermato il manager Saccardi), se mai lo stimolo per gettare il classico cuore oltre l’ostacolo. Il segnale miglior lo hanno dato i lanciatori, i più penalizzati dai due soli giorni di riposo tra le semifinali e la prima gara di finale: tutti hanno dato la propria disponibilità a dare un contributo in caso di necessità, già stasera, dopo il partente Figueredo. Anche Casanova, che solitamente vuole almeno cinque giorni di riposo.
Sarà anche la finale di Alex Liddi, alla ricerca del titolo nel proprio paese, dopo aver girato il mondo (e continuerà a farlo), con la divisa della squadra in cui sognava di giocare fin da bambino.
E’ la finale di chi poteva andare a San Marino ma ha scelto di venire o di restare a Parma e adesso vuole vendicare la sconfitta subita a Gara-7 due anni fa. E’ anche la finale di chi invece poteva essere con Parma, invece giocherà per il San Marino.
Sarà sicuramente, deve esserla, la finale di tutta la città, che da quattordici anni aspetta di rivivere una notte come quella dell’11 settembre 2010. Al di là di ogni discussione, contrasto, polemica, tutto il movimento, e non solo, deve schierarsi dietro un’unica bandiera, quella della città. Un’eventuale vittoria dello scudetto da parte del Parmaclima porterebbe vantaggi a pioggia a tutto il movimento, non solo in termini di prestigio, ma anche di visibilità edi conseguenza attrattività soprattutto per le società che si occupano principalmente di settori giovanili. Perché di riflesso, la popolarità di una squadra campione d’Italia potrebbe rivelarsi uno straordinario veicolo di reclutamento per bambini che si avvicinano al batti e corri spinti da un succeso che tutti ci auguriamo.