Marco Mazzieri è il nono presidente della Federazione italiana baseball-softball. Lo è diventato alle ore 15,05 di sabato 16 novembre, al termine del ballottaggio con Andrea Marcon, grazie al 56,04% delle preferenze, contro il42,70% del suo rivale, dopo che al primo turno, lo stesso Marcon aveva chiuso con il 41%, con Mazzieri al 38% e il terzo candidato Sforza al 17%, mentre il quarto, Condipodero, aveva annunciato il suo ritiro al termine del discorso di presentazione.

Strategicamente era già chiaro alla vigilia, che in caso di ballottaggio, per Marcon sarebbe stato difficile confermarsi alla presidenza, perché ovviamente se oltre a quella del presidente in carica erano presenti ben tre liste, andava da se che ben difficilmente i voti delle due liste escluse sarebbero andati alla sua, è un ragionamento logico.

In questi casi si usa dire che ha vinto il “malcontento” o la “voglia di cambiamento”, chi scrive preferisce pensare che a vincere sia stata la personalità, la credibilità, la coerenza di un personaggio che non è mai sceso a compromessi, che non si è prestato ad accordi sotto banco e che, soprattutto, sul campo, seppur in altra veste, ha già ampiamente dimostrato con i fatti di essere un vincente, ma soprattutto di essere in grado di cambiare la mentalità ad una nazionale che veniva da cinquant’anni di “sconfitte onorevoli” fuori dall’Europa e che in Europa vinceva una volta su tre, giocandosi continuamente il titolo in finale con l’Olanda. In dieci anni ha vinto due volte il titolo europeo, perdendo la finale al terzo tentativo, è arrivato terzo alla Coppa Intercontinentale e quinto al World Baseball Classic, arrivando a sei out da una clamorosa vittoria prima contro la Republica Dominicana, poi contro Porto Rico. Quattro anni dopo ha portato il Venezuela al decimo inning della sfida di spareggio per accedere ai quarti di finale.

Ora è chiamato ad un’impresa ancora più difficile, ma non per questo meno affascinante: la “rivoluzione culturale”, come l’ha chiamata durante la campagna elettorale, un vero e proprio cambio di mentalità, non solo da parte della federazione, ma da tutto il movimento.

Sul piatto c’è la credibilità di uno sport ormai ai margini dell’opinione pubblica e ai minimi termini per numero di tesserati e risultati sportivi. Marco è stato onesto: “Dobbiamo puntare a sopravvivere”, non ha fatto promesse “perché sono abituato a stare sul campo e sul campo non si possono fare promesse”. E’ abituato a lottare e questo dovrà fare il baseball: lottare per sopravvivere. Non ci saranno stadi a Roma, non vedremo la MLB sui nostri diamanti, si ripartirà dalla base, dall’attività giovanile, dalle nazionali, dalle accademie, dalla formula dei campionati e soprattutto dalle regole chiare e con una logica.  Dal rispetto a livello internazionale guadagnato sul campo negli anni da chi è chiamato a guidare la federazione. Non sarà facile, ma a Marco le sfide sono sempre piaciute e spesso le ha vinte…Buon lavoro!

Parma sorride con l’elezione in consiglio federale di Ettore Finetti, rappresentante dei tecnici, ma porta a casa anche la “sconfitta”, elettorale di un Parma baseball che ha scelto di schierarsi e ancora una volta ha scelto il “cavallo sbagliato”. Sull’opportunità di questa scelta si discuterà a lungo tra gli appassionati, di certo ha il sapore di un autogol nel momento meno opportuno, con la squadra maggiore fresca del titolo di Campione d’Italia e destinata a fare il bis il prossimo anno. Forse sarebbe stato meglio dedicarsi a ciò che succede all’interno, invece di cercare di “incidere” all’esterno. Ma del Parma, da un paio d’anni, abbiamo deciso di parlare solo quando scende in campo o quando, d’inverno, costruisce la squadra. Continueremo su questa linea.

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